Descrizione
Paul Kostabi (1962, Whittier) [USA] & Giuseppe Fortunato (1956, Notaresco) [Italy]
“Da sempre la storia dell’arte ci racconta di gelosie ed acerrime rivalità fra grandi artisti, Michelangelo e Raffaello, Picasso e Matisse e tanti altri ancora. Purtuttavia sappiamo di altrettante amicizie e preziose collaborazioni dalle quali sono nati memorabili capolavori, come la “Sant’Anna Metterza” (stesura a tempera su tavola) del maestro Masolino e del suo allievo, l’innovatore Masaccio; tuttora esposta presso il Palazzo degli Uffizi a Firenze. E’ invece opera del genio creativo di Andy Warhool e Basquiat, “Olimpic Rings”, realizzata in occasione delle olimpiadi di Los Angeles del 1984 e visitabile oggi presso la galleria Gagosian di Londra. Le testimonianze lasciate da queste ed altre opere nel corso dei secoli confermano, laddove ce ne fosse bisogno, quanto possano essere preziose forme collaborative, tanto più interessanti quanto più originate da spiccate differenze di stile. Riprendendo Marina Abramovic “L’artista deve avere il coraggio di entrare in luoghi sconosciuti e scavare confini uscendo dalla propria condizione di sicurezza”. Ed è ciò che hanno fatto l’artista italiano Giuseppe Fortunato e l’americano Indrek Paul Kostabi, decidendo di uscire dalla propria condizione di sicurezza per incontrarsi al centro del ponte che unisce due sponde dell’oceano dell’arte contemporanea. “Bridge across the Atlantic” è il titolo, già di per se esplicativo, di un progetto costituito da 20 opere inedite, per ciascuna delle quali sono stati stampati 10 multipli. Realizzate con tecnica mista, getto d’inchiostro pigmentato e collage su tela, ognuna di esse è l’esaltazione di due linguaggi contrapposti che si fondono pur mantenendo ciascuno le proprie peculiarità. Due diverse visioni del mondo e del fare artistico qui riconfermate sia dall’ espressività “anticulturale “(cit.) della figurazione immaginaria di Kostabi, così come dalla razionalità essenziale, resa dalle originali colate di Giuseppe Fortunato. Le figure antropomorfe, perturbanti ritratti caricaturali dall’accento infantile, campeggiano sull’intera spazialità dagli sfondi disadorni o ben elaborati. Il tratto robusto diventa, insieme alle tinte sature, nodale strumento di interpretazione di una pittura che per l’autore newyorkese è specchio introspettivo di se stesso e lente di percezione degli altri. Contenuti questi, del tutto estranei alla “pouring paint” concepita decenni or sono dal geniale Fortunato, per il quale l’arte è principalmente tecnica personale e pratica sperimentale, volta a rinnovare se stessa pur restando sempre nella giocosa grammatica “dell’arte per l’arte”, estranea alla storia degli uomini. L’ originalità estetica frutto della singolare tecnica da lui ideata, trova soltanto un casuale richiamo nei piani verticali colorati delle opere, di uno dei padri dell’astrattismo che fu Frantisek Kupka. Ma mentre per l’artista boemo la verticalità aveva un portato simbolico derivante dei suoi studi teosofici, per il nostro, essa è limitata ad una calibrata gestualità, piacere della scorrere lento del colore e del tempo, nonché della creatività legata alla fluidità materica. Dunque, partecipando ad un orchestrato tripudio di colori squillanti, le inattese verticalizzazioni cromatiche si accordano con la potenza segnica del nero curviforme tipicamente kostabiano, per un’osmosi davvero sorprendente, dalla quale l’osservatore non può non sentirsi emotivamente coinvolto. Giova infine considerare che i collezionisti e gli amanti di questo caleidoscopico mondo, refrattari alle mode imposte dal sistema dell’arte, ma spinti dall’urgenza di scorgere nuovi orizzonti, potranno apprezzare con curiosità e passione questo progetto volto ad ingenerare un dialogo interculturale dell’arte, avvalorandone gli aspetti fondanti: la conoscenza dell’animo umano, l’alterità e l’identità.” (dal testo A bridge across the Atlantic di Diego Paride Della Valle)