Descrizione
Fabio Ilacqua (1975 – Varese) [Italy]
Fabio Ilacqua nasce a Varese nel 1975. E’ attratto fin da bambino dalla possibilità di esprimersi attraverso forme come la pittura, la musica e la scrittura. Dopo il Liceo artistico “A.Frattini” di Varese frequenta il corso di scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera in Milano, studiando al contempo canto e pianoforte ed esibendosi in diverse formazioni. Tra il 2001 e il 2006 termina la sua prima raccolta di canzoni intitolata “Ballata del dopocena” e nel 2007 vince il festival Musicultura di Macerata. E’ a partire da questi anni che la ricerca compositiva e pittorica cominciano a procedere di pari passo, facce della stessa medaglia, integrandosi e nutrendosi a vicenda. Ha scritto canzoni per Marco Mengoni, Francesco Renga, Mina e Adriano Celentano. Come autore ha vinto il Festival di Sanremo 2016 nella sezione “Nuove Proposte” con il brano “Amen”, cantato dall’autore della musica Francesco Gabbani, ottenendo il medesimo risultato l’anno successivo, nella categoria “Campioni” con “Occidentali’s Karma”.
L’artista: “Il mio soggetto è l’uomo e la vulnerabilità della sua condizione, non m’interessano nature morte o paesaggi. D’altra parte il volto umano non è forse un fantastico paesaggio in eterno stravolgimento? Io cerco di osservare la realtà e di cogliere quanto di non ordinario si cela nel quotidiano, cosa si nasconde sotto la superficie delle cose. Mi piace pensare che i soggetti dei miei dipinti vivano una propria esistenza, scevra dall’egoismo e dalla stupidità che caratterizza gli uomini. Il dipinto allora diventa una zona liberata, un’isola di felice anarchia. La pittura non è fatta per decorare una parete. La pittura è l’arma acuminata e deflagrante con cui portare avanti una vera e propria guerra. La pittura non deve avere fini, ma ha, ne sono certo, la capacità di sconfiggere la morte ed il trascorrere inesorabile del tempo. Quel che mi succede ultimamente è che i piccoli pennelli mi mettono una certa agitazione. L’idea di stare a due centimetri dalla tela, con un pennellino acuminato m’inquieta. Cerco di risolvere tutto con pennelli di media grandezza, in rapporto alle dimensioni della tela. In questo modo mi precludo volontariamente la possibilità di arrovellarmi intorno ad un particolare e spero di riuscire a rendere in modo più sintetico quel che osservo, assecondando anche la casualità con cui un grosso pennello distribuisce il colore, ascoltandone i suggerimenti. Mi piace pensare, come diceva Francis Bacon, che tutta la grande arte ha come minimo comune denominatore un unico tema la vulnerabilità della condizione umana. La sola idea di trovarsi per puro caso su questa pietra che vaga in mezzo all’universo, mi pare un buon motivo per mescolare un po’ di colore su una tavolozza”